Quando l’estate sta per volgere al termine, tra la fine di agosto e l’inizio di settembre, i cosiddetti lochi, ossia gli appezzamenti di terreno in cui nascono e si coltivano le piante di pistacchio, si popolano di brontesi pronti a raccogliere l’oro verde che la terra ci offre. Ciò che rende il pistacchio di Bronte particolare è proprio il terreno su cui cresce: il suolo lavico e roccioso, ricco di minerali, gli conferisce le proprietà organolettiche uniche e pregiate che lo hanno reso celebre in tutto il mondo.

Per la comunità, la raccolta dei pistacchi rappresenta un vero e proprio rito collettivo, nato dalla pazienza e dalla dedizione con cui i contadini brontesi, seguendo i ritmi della natura, hanno imparato a coltivarlo e a custodirne i segreti. Grazie a questo sapere, tramandato di generazione in generazione, ancora oggi la raccolta avviene con cadenza biennale, durante gli anni dispari.

Negli anni pari, i coltivatori si dedicano alla potatura verde, ovvero l’eliminazione a mano delle gemme per impedire alla pianta di fruttificare e permetterle di riposare per produrre un raccolto di ottima qualità l’anno seguente.

Durante l’allegagione, i grappoli di frutti si tingono di rosso acceso, per poi, con la maturazione, virare verso delicate sfumature di bianco-roseo. Questo colorato rivestimento, sottile e delicato, è localmente conosciuto come grolla – mallo, in italiano – che custodisce al suo interno un seme dal verde inconfondibile, pronto per essere raccolto.

A causa delle forti irregolarità del terreno, che impediscono l’utilizzo di macchinari e aumentano il rischio di dispersione dei frutti, la raccolta avviene rigorosamente a mano. Con movimenti rapidi e precisi, i pistacchi maturi vengono fatti cadere direttamente nelle sacchíne, ossia dei contenitori in plastica, generalmente rossi, portati a spalla o al collo. Se la conformazione del terreno e la distribuzione delle piante lo rendono possibile, un’alternativa è la stesura dei teli ai piedi delle piante su cui far cadere i pistacchi scuotendo delicatamente i rami, avendo cura di non danneggiarli. Non appena la sacchína o il telo si riempiono, i lavoratori provvedono a svuotare il raccolto all’interno di sacchi di rafia o di iuta dalla capienza variabile, fino a 25 kg.

Percorrendo i pistacchieti durante la raccolta si noterà immediatamente un dettaglio peculiare: le donne sono solite avvolgere i loro capelli all’interno di un foulard per evitare che l’appiccicosa resina prodotta dai frutti e dai tronchi li danneggi. Le insidiose gocce di resina, infatti, rendono collose le parti del corpo che vengono a contatto con le piante. Pertanto, per proteggere le mani ed evitare rallentamenti nella raccolta, si tende a lavorare indossando guanti resistenti. Nonostante tutto, la resina riesce sempre a lasciare il suo segno sul corpo dei lavoratori, i quali, a fine giornata, ricorrono all’alcol per sfregare via pazientemente le impronte della pianta che raccontano la fatica e la dedizione delle lunghe ore trascorse a raccogliere il nostro oro verde.

In alcuni casi, prima di passare alla fase della smallatura, il raccolto viene accuratamente setacciato per evitare che i macchinari più antichi si inceppino. Con l’antico crivo, un tradizionale setaccio, si eliminano le foglie e i piccoli rametti che si sono mescolati con il raccolto, lasciando intatti solo i preziosi frutti. Solo così i pistacchi possono essere finalmente sgrollati, ossia liberati dal loro mallo.

In questa fase della lavorazione, i pistacchi vengono raccolti all’interno delle coffine, ovvero grandi vasche in plastica, pronti per essere sottoposti alla smallatura, un processo che avviene con l’ausilio di appositi macchinari che permettono la rimozione del morbido e colorato involucro esterno.

Al termine di questo intervento, il pistacchio, privato del primo rivestimento, presenta un altro guscio – questa volta legnoso – che gli conferisce il nome di “tignosella”.

Stesi nelle apposite reti, denominate in dialetto stindituri, i pistacchi vengono sottoposti alla fase seguente: l’asciugatura, la quale avviene in maniera del tutto naturale con l’azione del sole. Infatti, l’esposizione ai raggi solari per circa tre giorni garantisce l’essiccazione del frutto. Sarà cura dei lavoratori assicurarsi che la procedura avvenga uniformemente, pertanto, mediante l’utilizzo di rastrelli, il frutto va mescolato e rigirato. Si tratta di un processo lento e meticoloso che richiede pazienza e un profondo rispetto per i ritmi della natura, grazie al quale il pistacchio conserva intatte le sue proprietà organolettiche, tra cui il suo sapore intenso e inconfondibile.

 

Una volta completata l’asciugatura, si può procedere alla selezione del prodotto, mediante un macchinario chiamato “ventola” che grazie ad un getto d’aria regolabile scarta i pistacchi vuoti e non conformi da quelli pieni.

 

Si conclude così la lunga e laboriosa fase di raccolta del pistacchio – segnata da fatica, dedizione e attenzione – durante la quale il frutto ha subito profonde metamorfosi cromatiche e tipologiche. Ma il viaggio del pistacchio non è ancora terminato: ora è pronto per essere venduto e avviato alla lavorazione meccanica, che prevede fasi come la sgusciatura e la pelatura. Attraverso queste ultime trasformazioni, può finalmente arrivare sulle nostre tavole e raccontare, con il suo gusto unico, il lungo percorso che parte dai terreni brontesi e si conclude con la degustazione di piatti tipici, nelle varianti sia dolci che salate.

 

 

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Il pistacchio si presta a infinite varianti culinarie, grazie al suo sapore unico. Perfetto per arricchire sia piatti salati che dessert, il pistacchio di Bronte è un ingrediente versatile che non delude mai. Per iniziare a esplorare il suo potenziale, vi proponiamo due deliziose ricette: la torta al pistacchio e le trofie al pistacchio e guanciale croccante.

 

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Dopo aver scoperto la bontà del pistacchio di Bronte attraverso le nostre ricette, è il momento di conoscere più da vicino l’impegno che sta dietro alla valorizzazione di questo prezioso prodotto. Nel prossimo video, vi presentiamo la Pro Loco Bronte APS, un’associazione che da anni lavora con passione per promuovere la cultura, le tradizioni e le eccellenze gastronomiche del nostro territorio. Scoprirete come le volontarie e i membri dell’associazione contribuiscano a mantenere vive le tradizioni e a far brillare il nostro pistacchio in tutto il mondo.

 

Curato dai volontari SCU

Alessia Azzarello, Gaia Martina Casalino, Giuseppe Caraci, Martina Grassia, Mattia Imbrosciano, Rosa Ilenia Faranda, Simone Schilirò