La storia

Il pistacchio (dal greco Pistàkion) è una pianta originaria del bacino Me­di­terraneo (Persia, Turchia) introdotta nel 20-30 d.C. dai Romani nelle regioni dell’Italia meridionale ed insulare dove trovò condizioni pedoclimatiche molto favorevoli. Ma solo quando  gli Arabi strapparono la Sicilia ai Bizantini, nel 900 d.C., che la coltivazione del pistacchio divenne la coltura dell’oro verde. Nelle sciare del territorio di Bronte si realizzò poi uno straordinario con­nubio tra la pianta ed il terreno lavico che, concimato continuamente dalle ceneri vulcaniche, favorì la produzione di un frutto che dal pun­to di vista del gusto e dell’aroma, supera come qualità la restante produzione mondiale.

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La pianta ed il frutto

Sul terreno lavico di cui Bronte è circondato cresce spontanea e riesce ad adattarsi una specie arborea, il terebinto (“pistacia terebinthus”), pianta dalla grande rusticità e resistenza alla siccità. Questa pianta è stata la vera e propria fortuna di Bronte, senza di esso non sarebbe stato possibile coltivare nulla sul terreno lavico. Su questa pianta selvatica è stata innestata poi la Pistacia vera che è la pianta del pistacchio famoso nel mondo. Questa pianta, la cui produzione inizia soltanto dopo 10 anni dall’innesto, ha radici molto profonde, un’altezza che può raggiungere i 5 metri e presenta un tronco solitamente breve e contorto con rami lunghi e resinosi, e una chioma non molto espansa, rada e con foglie coriacee.

Il pistacchio è una pianta dioica cioè che di cui esistono sia il maschio che la femmina. Per l’impollinazione, che avviene nel periodo di marzo-aprile grazie all’azione del vento, è solitamente sufficiente una pianta maschio ogni 20 piante femmine.

A maturazione avvenuta e cioè nel periodo di fine agosto inizi settembre i frutti del pistacchio di Bronte si presentano riuniti in grappoli, costituiti da drupe allungate. La dimensione è quella di un’oliva, mentre il colore che, nelle fasi dell’allegagione è di colore rosso e a maturazione varia dal verde-rossastro al bianco-roseo e al giallo-crema. Presenta un mallo sottile, che si sgretola facilmente, l’endocarpo allungato ed un seme unico, aromatico, di colore verde chiaro che – unico nel mondo – mantiene fino a maturazione.

Per le sue caratteristiche peculiari il pistacchio di Bronte è facilmente distinguibile sia rispetto al pistacchio coltivato in altre aree siciliane (Caltanissetta o Agrigento) che rispetto a quello estero (Medio Oriente, Grecia o California e Argentina).

Proprio per queste sue caratteristiche uniche ed irripetibili nel 2009 il Pistacchio Verde di Bronte ha ottenuto il marchio di Denominazione di Origine Protetta.

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La raccolta

La raccolta del pistacchio di Bronte avviene ogni due anni ed esattamente negli anni dispari. Ogni pianta, nel suo anno di carica, è in grado di produrre circa 15 kilogrammi di pistacchio secco. Mediamente nel territorio di Bronte si producono circa 30.000 quintali di pistacchio che equivalgono a circa l’1% del prodotto mondiale.

A causa del terreno impervio tutte le fasi della raccolta sono frutto di una costosa manodopera; questa avviene facendo cadere i frutti dentro un contenitore portato a spalla o scuotendo i rami per raccogliere i frutti su teli stesi ai piedi delle piante o, in alcuni casi, anche con l’uso di un ombrello capovolto. Dopo la raccolta il frutto mediante sfregamento meccanico viene “sgrollato” (separato dal mallo, l’involucro che lo ricopre) ed asciugato per 3-4 giorni al sole in larghi spiazzi davanti alle case agricole.

Si ottiene così il pistacchio in guscio, localmente chiamato Tignosella, conservato in ambienti bui ed asciutti pronto per essere sapientemente trasformato per accontentare il vostro gusto.