Bentornati alle nostre “pillole di architettura”, è da un bel po’ che non aggiorniamo i nostri consueti appuntamenti e di questo mi scuso con i lettori, ma dopo quasi un anno è giunto il momento di concludere lo studio iniziato sul Santuario della Madonna Annunziata.
Ci eravamo lasciati dopo aver analizzato i “segni” caratteristi della struttura esterna e della facciata, adesso è arrivato il momento di varcare il portale d’ingresso e scoprire quali meraviglie nasconde l’impianto architettonico e di portare alla luce qualche piccola curiosità storica legata al Santuario ed alle tradizioni brontesi.
Non appena superiamo la soglia veniamo quasi sopraffatti dall’enormità dello spazio, un’unica navata a pianta rettangolare nella quale trovano spazio ben otto altari, due cappelle, ed in fondo, un transetto a pianta quadrata che precede il coro nella quale vi è lo splendido arco in pietra arenaria che contiene il gruppo scultoreo della Madonna Annunziata del Gagini, una ricchezza che quasi contrasta con l’austerità della facciata esterna.
Ma non perdiamoci in inutili paragoni, alziamo piuttosto lo sguardo ammirando lo splendido soffitto a cassettoni dove la policromia e le decorazioni d’orate creano un bellissimo ritmo prospettico, subito dopo lo sguardo automaticamente volge a destra ed a sinistra attirato dalla ricchezza decorativa dell’impianto, così decidiamo di muoverci in senso orario e partendo da sinistra incontriamo l’altare dedicato a Sant’Orsola e, continuando a risalire sul fianco sinistro, l’altare della Madonna delle Grazie dove all’interno del quadro compare Don F. Francesco Lazzaro, cappellano del Santuario all’epoca in cui venne commissionato il dipinto (1646), il Don viene ricordato anche per essere stato colui il quale ricevette la reliquia del “santo capello”.
Passando oltre l’altare troviamo la prima di due lapidi, entrambe contenute in delle nicchie, una dirimpetto all’altra, in cui vengono ricordati gli episodi nella quale la protezione della Vergine Annunziata salvò il paese dalla furia della natura.
Oltre la lapide trova posto l’altare di Gesù e Maria con l’omonimo quadro dove vengono raffigurati i simboli iconografici della passione.
La passeggiata architettonica intrapresa ci porta adesso alla prima delle due cappelle, quella dedicata a San Giuseppe, lo spazio a pianta quadrata accoglie l’altare con una mensa in marmi policromi dove un bellissimo bassorilievo rappresenta l’episodio biblico della fuga in Egitto, ai lati della mensa due statue, una raffigurante Sant’Agnese che tiene in mano la palma simbolo del suo martirio, e Santa Chiara, che invece porta una lanterna, la statua rappresentante San Giuseppe con piccolo Gesù al centro dell’altare, la nicchia è sormontata da una particolare trabeazione spezzata.
Continuando la camminata incontriamo un bellissimo altare in stile barocco contenente la statua di San Michele Arcangelo, particolarmente interessanti i motivi decorativi dell’altare con puttini, ornamenti floreali, ed alla base due bassorilievi rappresentanti Sant’Ignazio e San Policarpo.
Finito il fronte sinistro (oltre l’altare di San Michele Arcangelo c’è l’ingresso della sagrestia), ruotiamo totalmente la vista, saltiamo per il momento l’altare maggiore sulla quale torneremo dopo, e ci dirigiamo frontalmente a noi dove man mano che ci avviciniamo possiamo apprezzare sempre meglio la bellezza dell’altare di Sant’Ignazio da Lojola con il suo elegante stile rinascimentale e le sue colonne tortili, continuando a camminare in direzione dell’ingresso troviamo la cappella del Cristo alla Colonna, all’interno dello spazio a pianta quadrata trova posto l’altare sovrastato dalla nicchia che contiene la statua del Cristo alla Colonna che la tradizione brontese racconta essere opera di un pastore, citando B. Radice «…al quale, tre giorni dopo aver finito la statua, apparve il Cristo in sogno; e quegli mori dalla contentezza, colla promessa del paradiso per averlo scolpito bene». La nicchia è racchiusa all’interno di un altare in stile rinascimentale con trabeazione e timpano, nella mensa invece possiamo ammirare un bassorilievo con lo stemma della confraternita dei flagellanti, dovete sapere che prima che la cappella venisse dedicata al Cristo in colonna, nello stesso sito vi era la cappelletta dei flagellanti, un ordine religioso nato nella seconda metà del XIII secolo nel centro e nord Italia e diffusosi rapidamente durante il periodo medievale anche nel sud della penisola, a loro dobbiamo con molta provabilità l’aver adottato la tradizionale processione del venerdì santo, oggi tratto distintivo della cultura religiosa del nostro paese.
Superata la cappella del Cristo alla colonna troviamo l’altare dedicato a S. Martino di Tours con un bel quadro raffigurante il Santo insieme a San Giacinto e Santa Barbara, ai piedi della Madonna, l’altare successivo con relativo quadro è dedicato alla Natività di Gesù e si trova nel luogo dove un tempo si trovava l’ingresso al campanile, l’ultimo altare rimasto è quello della Madonna degli Angeli, nella quale la vergine, adagiata su una nuvola, viene incoronata dagli angeli e sovrasta San Francesco e Santa Chiara, tra i due santi trova posto uno scorcio del paese di Bronte salvato miracolosamente dalla lava.
Un particolare che va ricordato riguarda i bassorilievi degli altari, in quelli che non ho menzionato infatti vi è quasi sempre un medaglione o comunque un elemento che rimanda alla storia dell’annunciazione della vergine Maria.
Torniamo adesso sui nostri passi, percorriamo l’intera navata ed andiamo ad osservare meglio ciò che ci eravamo lasciati in sospeso poco fa, superati i gradini che legano la navata al presbiterio quello che ci troviamo ad osservare è uno spazio a pianta quadrata sormontato da una cupola con un tamburo circolare finestrato, lo spazio dedicato alla funzione della messa è composto da un altare centrale, un ambone, le sedute per chi presiede la messa e, nelle pareti laterali, delle panche lignee, in fondo però l’elemento che ci attrae maggiormente è il coro dove il gruppo scultoreo della Madonna Annunziata con l’Angelo, opera del maestro palermitano Gaggini, è racchiuso in un magnifico arco in travertino di epoca rinascimentale, quest’arco si trovava prima alloggiato all’interno della cappella del Cristo alla Colonna, venne totalmente smontato e rimontato nell’altare maggiore nel 1980, la qualità dei fregi e delle decorazioni scolpite, pur rovinate dal tempo è stupefacente, basta osservare i bassorilievi, le figure floreali ed i Re, i profeti, i capitelli con le foglie d’acanto ed il mascherone con due delfini dal volto umano, nel frontone triangolare è stato rappresentato lo Spirito Santo nelle vesti di una colomba, a sormontare tutto tre guglie classiche di questo tipo di opere nel rinascimento.

Perdonatemi se ho dovuto correre e non ho potuto soffermarmi troppo su tutti gli elementi che caratterizzano il Santuario, credetemi che scegliere quale approfondire ed a quale non dedicare nemmeno un accenno non è stato semplice, ma affrontare un discorso più approfondito avrebbe richiesto uno spazio ben più corposo del ruolo che le nostre “pillole di architettura” si son prefissato, per cui vi saluto dandovi appuntamento alla prossima pillola, rinnovando come sempre l’invito ad andare a visitare il Santuario e chissà, magari con questa lettura ancora in testa osservare con occhio critico e scovare tutte quelle cose della quale non si è avuto modo di parlare, la curiosità è la migliore alleata dell’apprendimento.
Grazie di aver dedicato tempo a questa lettura.
Arch. Daniele Mirenda





