Bentornati ad un nuovo appuntamento con la rubrica “Sai dirlo in Brontese?”, dedicata al nostro dialetto locale.
Con la chiusura delle recenti festività, ci avviciniamo a un nuovo periodo dell’anno. Ma prima di immergerci completamente nel nuovo mese, vorremmo salutare e riflettere su questo momento speciale per esplorare il significato di parole che spesso accompagnano questi giorni festivi, come l’Epifania.
Un momento di festa, di raccoglimento, ma anche di tradizioni radicate in diverse culture e credenze. È proprio in questa cornice che ci soffermeremo per comprendere meglio il termine “Epifania” e le sfumature che porta con sé.
“Epifania” è una parola che trae le sue radici dal latino tardo epiphanīa e dal greco ἐπιϕάνεια, viene tradotta come “apparizione” o “manifestazione”. Secondo la tradizione cattolica, quest’evento coincide con l’arrivo dei Re Magi alla capanna di Betlemme dodici giorni dopo il Natale, dove incontrarono il piccolo Gesù.
Ma nella tradizione popolare, la leggenda della Befana è un racconto fantastico: nella dodicesima notte dopo il solstizio invernale, figure femminili volavano sopra i campi appena seminati per invocare la fertilità dei raccolti futuri.
Dopo l’Epifania, studenti e lavoratori ritornano alla solita routine quotidiana, affrontando ritmi non sempre rilassanti che, alla fine della giornata, porterebbero chiunque a desiderare solo di togliersi le scarpe e rilassarsi sul divano.
In siciliano, questa azione è descritta con un verbo dialettale particolarmente suggestivo: “sduvacàrisi”.
Sapete cosa significa in Brontese? Se la risposta è negativa e non conoscete ancora il suo significato, vi invitiamo a scoprirlo insieme a noi.
Nella cultura brontese, il termine “sduvacàrisi” porta con sé un significato peculiare che va oltre il semplice atto di rilassarsi. Originariamente coniato per indicare l’azione di rovesciare sacchi e contenitori con gesti rapidi e decisi, questo termine ha subito un’evoluzione nel corso del tempo. Oggi, nella tradizione brontese, esso racchiude un significato più profondo: rappresenta l’atto di liberarsi completamente dal peso dei pensieri, delle preoccupazioni e degli affanni della giornata.
È una sorta di rituale che consente di liberare la mente da ogni peso accumulato durante le ore trascorse nel lavoro o nello studio. È un momento dedicato interamente a sé stessi, in cui ci si concede la libertà di lasciare andare ogni tensione, di riversarsi completamente su una superficie accogliente e di abbandonarsi al sollievo che deriva da questo gesto.
Quest’atto, apparentemente semplice, è un riflesso della saggezza e della consapevolezza della cultura brontese riguardo all’importanza di prendersi cura del proprio benessere mentale e fisico, offrendo un’opportunità di rinnovamento interiore.
Salutiamo queste feste gustandoci una poesia dialettale, un vero e proprio tributo alla festa della Befana!
Ca scupa rutta e na vecchia suttana, arrivò puru a Befana. Ranni, nichi, belli e brutti a sta Befana l’aspettanu tutti. E di sta vecchia immurata a quasittedda vonnu inchiuta. Almenu illa speriamu ca porta pani, sasizza, vinu e biscotta. Viri però ca sa fattu u birbanti, arresti cu l’occhi chini e i manu vacanti. | Con la scopa rotta e una vecchia sottana, è arrivata anche la Befana. Grandi, piccoli, belli e brutti questa Befana l’aspettano tutti. E da questa vecchietta con la gobba vogliono riempita la calza. Almeno lei speriamo che porti pane, salsiccia, vino e biscotti. Guarda però che se hai fatto il furbo, rimani con gli occhi pieni e le mani vuote.
|
Curato dalla volontaria SCU Zermo Chiara