Il culto Mariano come garanzia di protezione dai fenomeni etnei si è molto diffuso anticamente in tutta la Sicilia Orientale. Come si è conservato a Bronte e quali caratteristiche presenta ai giorni nostri? Le parole di padre Nunzio Capizzi.

Per secoli l’Etna ha tormentato i suoi declivi e le città alle sue pendici. Sovente l’ira del vulcano attivo più grande della placca eurasiatica ha devastato il territorio di Bronte, cancellando per sempre dalla storia le prime tracce di organizzazione civile. Nelle Memorie storiche di Bronte il Radice ricorda con grande impeto i fenomeni piroclastici e tellurici del 1170, del 1536, del 1651, del 1669, del 1758, del 1763, del 1843; ma soprattutto le disastrose eruzioni del 1651 e del 1832.

Già nel XVII secolo il Mongibello suscitava un clima di fervido interesse da parte degli scienziati Europei, che confutavano o innovavano il sapere para-scientifico del tempo mediante l’osservazione diretta degli avvenimenti naturali; il tutto mentre la popolazione siciliana viveva con grande attenzione e preoccupazione le evoluzioni del vulcano, affidandosi al conforto della religione e delle funzioni sacre con le reliquie dei santi.

Accadde infatti che nel febbraio 1651 un corso di lava penetrò nella cittadina brontese, accedendovi dalle contrade della Musa e della Zucca e procedendo verso il centro. Furono sepolte molte case, l’antica chiesa delle Anime del Purgatorio, la sciara di Sant’Antonino, i vigneti e i pascoli della contrada Monte Barca. I cittadini di Bronte implorarono allora aiuto, giorno e notte, nella chiesa dell’Annunziata e portarono in processione la statua della Madonna verso la sottostante piana del Simeto. La colata si arrestò e si gridò allora al miracolo: per gratitudine, fu edificata sotto al muraglione lavico una chiesetta denominata della “Madonna del Riparo”, demolita tre secoli dopo e ricostruita poco più sopra. Per i brontesi, quello del ’51 fu un evento drammatico anche in termini finanziari, sicché l’élite richiese e ottenne la sospensione dei contributi da versare all’Ospedale Grande di Palermo e alla corona spagnola. Si ipotizzò addirittura lo spostamento dell’abitato, ma tale mossa non ebbe luogo per l’affezione dei cittadini al sito originario del paese.

Ebbene, di lì a poco l’incubo fatale del vulcano si ripresentò con grande vigore. Il 31 ottobre 1832, in seguito ad alcune violente scosse di terremoto, un fiume di lava scorrendo sul dorso Nord-occidentale dell’Etna minacciava di seppellire nuovamente la cittadina e i suoi campi coltivati. Stando alla Storia della città di Bronte di padre Gesualdo De Luca, ben 15 fenditure si aprirono eruttando globi di fumo nero e colonne di fuoco; continue detonazioni riempirono l’aria con forti fragori; scorie infuocate e luccicanti ricaddero parabolicamente sui tetti delle case. Nello spazio di soli nove giorni la lava percorse ben 8 miglia, lambendo la contrada Salice. Donne e bambini genuflessi pregavano allora il cielo; gli uomini, alcuni recidevano a colpi di scure gli alberi prossimi al fuoco, altri erano intenti a portare via tegole e porte delle casette rustiche. Il 18 novembre di quell’anno il popolo brontese ricorse ancora una volta al riparo della Santa Patrona, raccogliendosi in processione al seguito del Cappellano – il quale aveva esposto  i capelli della Vergine e le reliquie della Croce, recitando preghiere di protezione con antiche litanie. Al calar del sole, il fuoco si estinse e Bronte fu salva. Pochi giorni dopo, il 5 dicembre, i cittadini proclamavano Maria Annunziata “Patrona e Protettrice principale” del Comune.

Due epigrafi murate presso il Santuario danno testimonianza dei numerosi pericoli scampati nel tempo dai brontesi con le seguenti diciture:

D.O.M.

Piis Civium sumptibus Templum hoc magnifice a fundamentis erectu, ac Virgini ab Angelo Annunciatae dicatu eo ferme tempore plastite fuit exornatu, quo in Nemoru plano mons Aetna crepuit. Peculiari aute sua protectione Deipara Virgo sicut anno 1651: a simili ignis incendio Civitatem exemit; anno 1693: eam a terremotus flagello stabile, firmamque reddidit; ano 1743: ipsam a peste liberavit; ita hoc praesenti anno 1763: Ignem qui eande incendere minabatur extinxit. Cappellano, ac Thesauriario, Regio Abate S.T.D.D. Benedicto Verso SS.mae Intionis Commissario.

A DIO OTTIMO MASSIMO

Questo tempio maestosamente innalzato dalle fondamenta a spese dei cittadini devoti, dedicato alla Vergine Annunziata dall’Angelo, era stato appena completato nelle sue decorazioni quando il monte Etna eruttò al piano Foresta (1627). La Vergine Madre di Dio mostrò ancora la sua particolare protezione nell’anno 1651: sottrasse la città dal bruciare per opera di un così grave fuoco; anno 1693: salvò la stessa dal flagello del terremoto, restituendola stabile e ferma; anno 1743: la liberò dalla peste; così, in questo anno corrente, 1763: fermò la lava che minacciava di distruggerla.

Il Cappellano e Tesoriere Regio, Abate S.T.D. don Benedetto Verso, commissario della SS.ma Inquisizione.

Trad. a cura di Nunzio Lupica

Die 18 Novembris, anno DNI 1832

Cum torrens flueret ruptis fornacibus Aetne ignis, et absumens omnia contegeret, Virginis Antistes, cui nuntius aliger astat virgineos crines detulit, atque crucis reliquias, tuditque preces. Sol occidit. Ignis costitit, et jussu Virginis obriguit. Egrediens templo regina hominumque, Deumque diram ignis caepit vim cohibere prece brontensis populi sed vis non omnis adempta culpas ut flerent, ut scelera eluerent, a plorare dehinc commissa piacula cernens tunc vim diram igni eunditus eripuit. Cum populi studium luctu iam flentis amaro antistes sacris juverit officiis.

Η ΠΑΝΤΩΝ ΒΑΣΙΛΕΙΑ ΑΝΑΣΣΑ ΒΙΑΙΩΣ ΒΡΟΝΤΗΝ ΔΗ ΑΙΤΝΗΣ ΤΗΣ ΦΛΟΓΟΣ ΕΚΑΝΣΑΤΟ.

Il giorno 18 Novembre, anno del Signore 1832

Quando, squarciati i crateri dell’Etna, un torrente di fuoco prese a scorrere e cominciò a distruggere ogni cosa, il cappellano della Vergine – alla presenza della quale sta il messaggero alato – portò in processione i capelli virginei e le reliquie della croce, ripetendo le preghiere litaniche. Il sole tramontò; la lava si fermò e si rapprese all’ordine della Vergine.

All’uscire dal Tempio della Regina e Divina Protettrice degli uomini e davanti alle preghiere del popolo di Bronte, il fuoco cominciò a frenare la sua violenza; ancorché la forza del pianto per le colpe non scontate e la confessione dei peccati, ed ancora il promettere di intraprendere da quel momento a fare opere buone, mosse la potente Regina ad arrestare l’effusione del fuoco. Ed il popolo afflitto, amaramente piangente e ben disposto ricorse ai sacri uffici dei preti.

LA SIGNORA DELL’UNIVERSO E CELESTE REGINA SALVÒ BRONTE DAL FUOCO DELL’ETNA.

Trad. a cura di Nunzio Lupica

A seguito di un relativo periodo di quiete, nuovi sismi ed eruzioni non menzionati da tali iscrizioni parietali squassarono il territorio circumetneo: furono i clamorosi fatti del 1843 – ricordati per l’eclatante e mortifera esplosione freatica che devastò boschi, vigne e pistacchieti – e del 1949 – con l’apertura di diverse fratture eruttive a bassa quota e una copiosa eruzione che per buona sorte non toccò l’angosciata Bronte.

Qual è lo spazio che riserviamo oggigiorno a questi resoconti storici così intrisi di zelo religioso? Com’è cambiato il nostro modo di intendere le catastrofi e quanta corresponsabilità riconosciamo effettivamente al sacro? Ne abbiamo parlato con il sacerdote e teologo padre Nunzio Capizzi, rettore del Real Collegio Capizzi nonché del beneamato Santuario brontese.

N: “Ai giorni nostri l’approccio ai cataclismi si è completamente antropizzato e razionalizzato. Nel caso della nostra storia locale, l’arrestarsi della lava davanti alla statua del Gagini è un fenomeno che forse noi non crediamo e non viviamo più fideisticamente, come chi ci ha preceduto. Che cosa è cambiato? Ci siamo concessi esclusivamente al “culto della ragione”, conservando il racconto dell’intervento di Maria come una mera leggenda popolare?”

Sac. Nunzio Capizzi: “Nel passato brontese l’intercessione della Madonna si è fatta sperimentare veramente e in atti concreti. Questo perché nel tempo della difficoltà i nostri antenati credevano e pregavano. Adesso la gente cosa fa? Attende. Pensiamo che tutto dipenda da noi, dalle leggi fisiche studiate dalla scienza; ma queste non bastano perché le forze della natura tante volte sono imprevedibili e l’umanità è fragile e limitata. La fede non deve quindi offuscare la nostra ragione. Deve invece responsabilizzarci e maturarci, far comprendere e farci accettare che in queste circostanze l’uomo con le sue sole forze non ce la può fare.”

N: “Alla luce della consapevolezza che la religione è un valido strumento culturale per reagire alla catastrofe e aiutarci ad elaborarla, possiamo quindi considerarci ancora – proprio come i nostri avi – i custodi dei racconti sulla particolare protezione dell’Annunziata per il nostro paese?”

Sac. Nunzio Capizzi: “Non solo ne siamo custodi, ma dobbiamo anche reinventarci per rilanciare la vera devozione, in senso moderno: quella che per un verso ci riporta collettivamente a Dio, per l’altro ci fa prendere coscienza delle nostre responsabilità nel preservare dai pericoli il dono della vita.”

N: “Supponiamo che si verifichi domani una disastrosa colata lavica, della portata di quelle descritte sulle due lapidi di questa struttura. Siamo fortunati perché i mezzi di osservazione e previsione dei fenomeni vulcanici hanno fatto considerevoli passi in avanti rispetto al passato; per non parlare delle nuove strumentazioni e dei metodi di refrigerazione e deviazione della lava, che gli esperti hanno sperimentato in varie parti del mondo. Secondo lei, in tutto ciò, quanto spazio rimarrebbe per il sentire spirituale? Crede realistica la possibilità che si ripeta il copione fisso dei nostri progenitori, con il ricorso sistematico alla preghiera nel Santuario e alla fiducia in Maria?”

Sac. Nunzio Capizzi: “L’uomo contemporaneo è imprevedibile. Guardiamo al tempo del Covid: dapprima abbiamo pregato intensamente, dopodiché molti si sono tirati indietro per varie ragioni. È vero, siamo cambiati. La Madonna però è sempre uguale: è stata e rimane garanzia di protezione nella vita del fedele.”

Curato dal volontario SCU Nunzio Lupica

Il culto Mariano come garanzia di protezione dai fenomeni etnei si è molto diffuso anticamente in tutta la Sicilia Orientale. Come si è conservato a Bronte e quali caratteristiche presenta ai giorni nostri? Le parole di padre Nunzio Capizzi.

Per secoli l’Etna ha tormentato i suoi declivi e le città alle sue pendici. Sovente l’ira del vulcano attivo più grande della placca eurasiatica ha devastato il territorio di Bronte, cancellando per sempre dalla storia le prime tracce di organizzazione civile. Nelle Memorie storiche di Bronte il Radice ricorda con grande impeto i fenomeni piroclastici e tellurici del 1170, del 1536, del 1651, del 1669, del 1758, del 1763, del 1843; ma soprattutto le disastrose eruzioni del 1651 e del 1832.

Già nel XVII secolo il Mongibello suscitava un clima di fervido interesse da parte degli scienziati Europei, che confutavano o innovavano il sapere para-scientifico del tempo mediante l’osservazione diretta degli avvenimenti naturali; il tutto mentre la popolazione siciliana viveva con grande attenzione e preoccupazione le evoluzioni del vulcano, affidandosi al conforto della religione e delle funzioni sacre con le reliquie dei santi.

Accadde infatti che nel febbraio 1651 un corso di lava penetrò nella cittadina brontese, accedendovi dalle contrade della Musa e della Zucca e procedendo verso il centro. Furono sepolte molte case, l’antica chiesa delle Anime del Purgatorio, la sciara di Sant’Antonino, i vigneti e i pascoli della contrada Monte Barca. I cittadini di Bronte implorarono allora aiuto, giorno e notte, nella chiesa dell’Annunziata e portarono in processione la statua della Madonna verso la sottostante piana del Simeto. La colata si arrestò e si gridò allora al miracolo: per gratitudine, fu edificata sotto al muraglione lavico una chiesetta denominata della “Madonna del Riparo”, demolita tre secoli dopo e ricostruita poco più sopra. Per i brontesi, quello del ’51 fu un evento drammatico anche in termini finanziari, sicché l’élite richiese e ottenne la sospensione dei contributi da versare all’Ospedale Grande di Palermo e alla corona spagnola. Si ipotizzò addirittura lo spostamento dell’abitato, ma tale mossa non ebbe luogo per l’affezione dei cittadini al sito originario del paese.

Ebbene, di lì a poco l’incubo fatale del vulcano si ripresentò con grande vigore. Il 31 ottobre 1832, in seguito ad alcune violente scosse di terremoto, un fiume di lava scorrendo sul dorso Nord-occidentale dell’Etna minacciava di seppellire nuovamente la cittadina e i suoi campi coltivati. Stando alla Storia della città di Bronte di padre Gesualdo De Luca, ben 15 fenditure si aprirono eruttando globi di fumo nero e colonne di fuoco; continue detonazioni riempirono l’aria con forti fragori; scorie infuocate e luccicanti ricaddero parabolicamente sui tetti delle case. Nello spazio di soli nove giorni la lava percorse ben 8 miglia, lambendo la contrada Salice. Donne e bambini genuflessi pregavano allora il cielo; gli uomini, alcuni recidevano a colpi di scure gli alberi prossimi al fuoco, altri erano intenti a portare via tegole e porte delle casette rustiche. Il 18 novembre di quell’anno il popolo brontese ricorse ancora una volta al riparo della Santa Patrona, raccogliendosi in processione al seguito del Cappellano – il quale aveva esposto  i capelli della Vergine e le reliquie della Croce, recitando preghiere di protezione con antiche litanie. Al calar del sole, il fuoco si estinse e Bronte fu salva. Pochi giorni dopo, il 5 dicembre, i cittadini proclamavano Maria Annunziata “Patrona e Protettrice principale” del Comune.

Due epigrafi murate presso il Santuario danno testimonianza dei numerosi pericoli scampati nel tempo dai brontesi con le seguenti diciture:

D.O.M.

Piis Civium sumptibus Templum hoc magnifice a fundamentis erectu, ac Virgini ab Angelo Annunciatae dicatu eo ferme tempore plastite fuit exornatu, quo in Nemoru plano mons Aetna crepuit. Peculiari aute sua protectione Deipara Virgo sicut anno 1651: a simili ignis incendio Civitatem exemit; anno 1693: eam a terremotus flagello stabile, firmamque reddidit; an<n>o 1743: ipsam a peste liberavit; ita hoc praesenti anno 1763: Ignem qui eande<m> incendere minabatur extinxit. Cappellano, ac Thesauriario, Regio Abate S.T.D.D. Benedicto Verso SS.mae In<quisi>tionis Commissario.

A DIO OTTIMO MASSIMO

Questo tempio maestosamente innalzato dalle fondamenta a spese dei cittadini devoti, dedicato alla Vergine Annunziata dall’Angelo, era stato appena completato nelle sue decorazioni quando il monte Etna eruttò al piano Foresta (1627). La Vergine Madre di Dio mostrò ancora la sua particolare protezione nell’anno 1651: sottrasse la città dal bruciare per opera di un così grave fuoco; anno 1693: salvò la stessa dal flagello del terremoto, restituendola stabile e ferma; anno 1743: la liberò dalla peste; così, in questo anno corrente, 1763: fermò la lava che minacciava di distruggerla.

Il Cappellano e Tesoriere Regio, Abate S.T.D. don Benedetto Verso, commissario della SS.ma Inquisizione.

Trad. a cura di Nunzio Lupica

Die 18 Novembris, anno DNI 1832

Cum torrens flueret ruptis fornacibus Aetne ignis, et absumens omnia contegeret, Virginis Antistes, cui nuntius aliger astat virgineos crines detulit, atque crucis reliquias, tuditque preces. Sol occidit. Ignis costitit, et jussu Virginis obriguit. Egrediens templo regina hominumque, Deumque diram ignis caepit vim cohibere prece brontensis populi sed vis non omnis adempta culpas ut flerent, ut scelera eluerent, a plorare dehinc commissa piacula cernens tunc vim diram igni eunditus eripuit. Cum populi studium luctu iam flentis amaro antistes sacris juverit officiis.

Η ΠΑΝΤΩΝ ΒΑΣΙΛΕΙΑ ΑΝΑΣΣΑ ΒΙΑΙΩΣ ΒΡΟΝΤΗΝ ΔΗ ΑΙΤΝΗΣ ΤΗΣ ΦΛΟΓΟΣ ΕΚΑΝΣΑΤΟ.

Il giorno 18 Novembre, anno del Signore 1832

Quando, squarciati i crateri dell’Etna, un torrente di fuoco prese a scorrere e cominciò a distruggere ogni cosa, il cappellano della Vergine – alla presenza della quale sta il messaggero alato – portò in processione i capelli virginei e le reliquie della croce, ripetendo le preghiere litaniche. Il sole tramontò; la lava si fermò e si rapprese all’ordine della Vergine.

All’uscire dal Tempio della Regina e Divina Protettrice degli uomini e davanti alle preghiere del popolo di Bronte, il fuoco cominciò a frenare la sua violenza; ancorché la forza del pianto per le colpe non scontate e la confessione dei peccati, ed ancora il promettere di intraprendere da quel momento a fare opere buone, mosse la potente Regina ad arrestare l’effusione del fuoco. Ed il popolo afflitto, amaramente piangente e ben disposto ricorse ai sacri uffici dei preti.

LA SIGNORA DELL’UNIVERSO E CELESTE REGINA SALVÒ BRONTE DAL FUOCO DELL’ETNA.

Trad. a cura di Nunzio Lupica

A seguito di un relativo periodo di quiete, nuovi sismi ed eruzioni non menzionati da tali iscrizioni parietali squassarono il territorio circumetneo: furono i clamorosi fatti del 1843 – ricordati per l’eclatante e mortifera esplosione freatica che devastò boschi, vigne e pistacchieti – e del 1949 – con l’apertura di diverse fratture eruttive a bassa quota e una copiosa eruzione che per buona sorte non toccò l’angosciata Bronte.

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Qual è lo spazio che riserviamo oggigiorno a questi resoconti storici così intrisi di zelo religioso? Com’è cambiato il nostro modo di intendere le catastrofi e quanta corresponsabilità riconosciamo effettivamente al sacro? Ne abbiamo parlato con il sacerdote e teologo padre Nunzio Capizzi, rettore del Real Collegio Capizzi nonché del beneamato Santuario brontese.

N: “Ai giorni nostri l’approccio ai cataclismi si è completamente antropizzato e razionalizzato. Nel caso della nostra storia locale, l’arrestarsi della lava davanti alla statua del Gagini è un fenomeno che forse noi non crediamo e non viviamo più fideisticamente, come chi ci ha preceduto. Che cosa è cambiato? Ci siamo concessi esclusivamente al “culto della ragione”, conservando il racconto dell’intervento di Maria come una mera leggenda popolare?”

Sac. Nunzio Capizzi: “Nel passato brontese l’intercessione della Madonna si è fatta sperimentare veramente e in atti concreti. Questo perché nel tempo della difficoltà i nostri antenati credevano e pregavano. Adesso la gente cosa fa? Attende. Pensiamo che tutto dipenda da noi, dalle leggi fisiche studiate dalla scienza; ma queste non bastano perché le forze della natura tante volte sono imprevedibili e l’umanità è fragile e limitata. La fede non deve quindi offuscare la nostra ragione. Deve invece responsabilizzarci e maturarci, far comprendere e farci accettare che in queste circostanze l’uomo con le sue sole forze non ce la può fare.”

N: “Alla luce della consapevolezza che la religione è un valido strumento culturale per reagire alla catastrofe e aiutarci ad elaborarla, possiamo quindi considerarci ancora – proprio come i nostri avi – i custodi dei racconti sulla particolare protezione dell’Annunziata per il nostro paese?”

Sac. Nunzio Capizzi: “Non solo ne siamo custodi, ma dobbiamo anche reinventarci per rilanciare la vera devozione, in senso moderno: quella che per un verso ci riporta collettivamente a Dio, per l’altro ci fa prendere coscienza delle nostre responsabilità nel preservare dai pericoli il dono della vita.”

N: “Supponiamo che si verifichi domani una disastrosa colata lavica, della portata di quelle descritte sulle due lapidi di questa struttura. Siamo fortunati perché i mezzi di osservazione e previsione dei fenomeni vulcanici hanno fatto considerevoli passi in avanti rispetto al passato; per non parlare delle nuove strumentazioni e dei metodi di refrigerazione e deviazione della lava, che gli esperti hanno sperimentato in varie parti del mondo. Secondo lei, in tutto ciò, quanto spazio rimarrebbe per il sentire spirituale? Crede realistica la possibilità che si ripeta il copione fisso dei nostri progenitori, con il ricorso sistematico alla preghiera nel Santuario e alla fiducia in Maria?”

Sac. Nunzio Capizzi: “L’uomo contemporaneo è imprevedibile. Guardiamo al tempo del Covid: dapprima abbiamo pregato intensamente, dopodiché molti si sono tirati indietro per varie ragioni. È vero, siamo cambiati. La Madonna però è sempre uguale: è stata e rimane garanzia di protezione nella vita del fedele.”

Curato dal volontario SCU Nunzio Lupica