L’Anticu: La raccolta del grano
Torna la rubrica “L’Anticu”, che di mese in mese propone detti, indovinelli e preghiere della tradizione brontese.
Dal momento che il mese di giugno è alle porte, oggi vi proponiamo alcuni aforismi legati alla mietitura e trebbiatura del grano, che avveniva proprio tra giugno e luglio.
La raccolta del grano si svolgeva con molta religiosità. Tutto iniziava con la mietitura, che avveniva durante il mese di giugno. Da qui il detto “Giugnu ‘a faci ‘n pugnu” (“Giugno la falce in pugno”); infatti le spighe andavano mietute quando erano ben secche.
Dal momento che la raccolta del grano iniziava a giugno, e le spighe andavano falciate quando erano ben secche, un altro detto recita “Acqua ri giugnu cunsuma u munnu” (“L’acqua di giugno rovina tutto”).
Alla mietitura vi provvedevano i contadini con l’aiuto di un attrezzo in acciaio con il manico di legno e a forma di mezzaluna, ovvero la falce. Il taglio della pianta doveva avvenire a poca distanza dal terreno; quindi, il mietitore doveva avere maestria nell’operazione, sia per proteggersi la mano con cui impugnava il ciuffo, sia per essere rapido nei movimenti. I ciuffi che via via venivano tagliati si lasciavano depositati sul terreno, per essere fasciati in una successiva fase del lavoro. Poi le fascine venivano sistemate sul luogo scelto per l’aia, in attesa della frantumazione, che separava il grano dalla paglia.
Ad agosto aveva inizio la trebbiatura, che avveniva servendosi di una coppia di muli, i quali calpestavano le fascine girando l’uno accanto all’altro, guidati dalla maestria del contadino. I proprietari si riunivano nel posto in cui veniva predisposta l’aia, aiutandosi a vicenda, ed utilizzando in comune manodopera, mezzi e bestie.
Un altro aforisma legato a questa tradizione è la frase augurale “A nnommi ri Ddiu!” (“nel nome di Dio!”), usata dal contadino, alla fine della trebbiatura, nell’iniziare la conta per misurare la quantità di raccolto.
Completata la frantumazione, la fase successiva era la smagliatura, che avveniva sollevando con apposite pale il miscuglio ottenuto. Si aspettava il vento favorevole all’operazione perché permettesse di far volare via la parte più leggera, così da separare la paglia dal grano che restava accumulato al centro dell’aia, pronto per essere insaccato e portato al riparo. Da qui deriva il detto “Ventu e bbora evviva Santa Nicora”, con il quale si ringrazia San Nicola per aver mandato il vento, così da “spagghjari” e “pariari” durante la trebbiatura del grano.
