Ritorna la rubrica “Sicilia in Musica”. Stavolta la volontaria SCU della Pro Loco Bronte Silvia Fallico ha avuto il piacere e l’opportunità di intervistare Claudio Quartarone, chitarrista catanese che a breve pubblicherà il nuovo album intitolato “Weiss Noten” .

Mi ha molto colpito leggere questa frase sui tuoi social: “Non ho ricordi di cos’ero prima di suonare la chitarra. La vita dedicata a questo pezzo di legno… Ma lo rifarei per altre mille vite”. Qual è la cosa più bella che la musica ti ha dato?

La musica mi ha dato uno scopo nella vita, credo che trovare il motivo per cui vieni al mondo, sia la cosa più importante per un essere umano; si dice che i giorni importanti nella vita di una persona siano due, quando nasci e quando capisci il perché.

Attraverso la musica capisco la vita, sento che le due cose non sono separate; più avanzo nella vita, più avanzo nella musica.

Se non fossi un musicista, chi saresti?

All’età di diciotto anni, prima di intraprendere la strada del jazz, desideravo essere un militare. All’epoca mio padre era maresciallo dell’esercito, e sin da piccolo mi ha molto affascinato sia la divisa che tutto quel mondo lì. Peccato che mio padre, però, non fosse d’accordo con le mie ambizioni e fece in modo che non sostenessi il colloquio.

Ai tempi ci rimasi male, mi sarebbe piaciuto ma a volte è il destino a portarti in determinate strade.

Parlami della critica migliore e di quella peggiore che ti abbiano mai fatto

Nella vita di un musicista sono necessari sia i complimenti che le critiche negative: sono molto autocentrato, nessuno può essere severo con me stesso come lo sono io. Tutto viene da dentro, sia i giudizi che gli apprezzamenti.

È molto importante ascoltare con attenzione i riscontri di tutti, valutare, farne tesoro, e alla fine fare ciò che più ci appartiene e ci rappresenta.

Io penso che la vita sia fatta di incontri pazzeschi. Quali sono stati gli incontri musicali che ti hanno scosso maggiormente?

Il primo incontro, quello che mi ha fatto scoprire la musica, è stato quello con mio zio Domenico, che è stato anche il mio Maestro: l’ho sentito suonare e mi sono innamorato della musica, un pugno allo stomaco da cui è scaturita la mia voglia di suonare.

Un altro incontro è stato quello con Enrico Rava che mi ha fatto credere in me stesso, è stato il primo grande musicista a dirmi che ero pronto.

Infine Umberto Fiorentino. Posso dire di aver suonato e registrato con un mio mito, ricordo che i suoi dischi li consumavo, li ascoltavo fino all’ossessione, farci un progetto assieme è stata una soddisfazione immensa. Ci sono stati molti altri incontri, ma questi tre faranno sempre parte della mia storia.

Dimmi un posto dove sogneresti suonare e non hai ancora suonato.

I posti in cui vorrei suonare e non ho ancora suonato sono tre, però non posso parlarne per scaramanzia. Almeno finché non succede.

C’è stato qualche momento della tua vita in cui hai dubitato della musica?

Della musica mai, delle persone ogni tanto. Penso che a volte abbiamo bisogno di incontrare persone che non credono in noi. A volte gli altri proiettano su di noi le loro insicurezze, altre siamo noi stessi a farlo su loro. La musica è neutra, è una scienza. È sempre lì, eterna.

Parliamo di Weiss Noten, il tuo disco in uscita il 26 aprile

Weiss Noten in tedesco significa note bianche, però è solo un gioco di parole, perché in realtà il titolo si riferisce a Sylvius Leopold Weiss, il maggiore liutista del periodo barocco. Negli ultimi anni mi sono appassionato moltissimo alla sua musica, poi ho usato la mia conoscenza musicale per analizzare le sue tecniche compositive e con quest’analisi mi si è aperto un mondo totalmente nuovo. È come se avessi messo insieme la conoscenza americana del jazz e quella europea. Quindi per concludere, Weiss Noten è il risultato del mio studio su Weiss e delle sue tecniche compositive, ovviamente, filtrate con la mia personalità.