La Pro Loco Bronte e il Comune di Bronte invitano la cittadinanza all’inaugurazione e benedizione della Cappella della Timpa restaurata, in programma sabato 20 Maggio alle ore 11:30 in Via San Marco. A tal proposito riteniamo doveroso ripercorrere quanto accaduto nella nostra cittadina nell’estate del 1820. La ricostruzione storica, curata dal Prof. Sebastiano Ciraldo, e i fatti di seguito raccontati sono in tal senso strettissimamente legati alla costruzione della Cappella della Timpa. Buona lettura.

Dopo due secoli circa dai fatti accaduti nell’estate del 1820, oggi riprendiamo il discorso per cercare di capire le cause prossime e remote che determinarono quegli eventi.
I fatti, ampiamente riferiti sia dal Benedetto Radice (Memorie Storiche di Bronte, vol. II pag. 31-60 Bronte Stab. Tip. Sociale 1929) che dal Gesualdo De Luca (Storia della Città di Bronte, pag. 193-198 Milano Tipografia di San Giuseppe 1883), si svolsero nel mese di settembre del 1820 a Bronte.
Si trattò di un fatto accidentale, spontaneo e locale?
La risposta ovviamente è no.
Il malcontento riguardava interessi ben più grandi ed estesi che avevano origine nella contrapposizione tra il Sovrano Ferdinando IV ed il Parlamento Siciliano.
La ragione del contendere nasce dalla “legge fondamentale” dell’8 dicembre 1816 che sanciva la riunificazione in un unico regno detto “Regno delle due Sicilie”.
Il braccio di ferro tra Sovrano e Parlamento Siciliano si era concluso con l’approvazione, da parte di quest’ultimo, della Costituzione del 1812 , grazie alle “impositive ingerenze del nuovo rappresentante britannico in Sicilia, l’autoritario Lord William Bentinck”.(Salvo Di Matteo, Storia dell’antico Parlamento di Sicilia, pag. 91).
Il testo della Costituzione fu approvato dal plenum del Parlamento, in seduta congiunta dei tre bracci, – ( il braccio baronale presieduto da Ercole Branciforte, principe di Butera, il braccio ecclesiastico presieduto da monsignor Raffaele Mormile, arcivescovo di Palermo, e il braccio demaniale presieduto dal principe di Lampedusa, pretore della città) – nella notte fra il 19 e il 20 luglio 1812.
La Costituzione statuiva il distacco della Sicilia dal Regno Napoletano e la sua organizzazione in regno indipendente, affidato dal sovrano al principe ereditario Francesco di Borbone nominato dal padre vicario del Regno.
Tutto ciò però non eliminò i contrasti che sopravvissero all’interno del parlamento, tra le varie componenti, per la difesa di interessi e privilegi.
Nel frattempo era intervenuta la caduta di Napoleone e il congresso di Vienna, nel 1814, aveva deliberato la ricomposizione geopolitica dell’Europa sui cardini della restaurazione e del legittimismo.
Ferdinando di Borbone, restaurato sul trono di Napoli, era ripartito dalla Sicilia per Napoli il 31 maggio 1815.
Il sovrano, che aveva mal digerito la Costituzione del 1812, tornato a Napoli anche se non abrogò espressamente la Carta costituzionale, di fatto la disabilitò con una serie di decreti, finchè con il decreto dell’8 dicembre 1816 unificò i due antichi Regni di Napoli e di Sicilia nell’unico “Regno delle due Sicilie”; cosi recitava l’art. 1 del decreto: “Tutti i nostri reali domini al di qua e al di là del Faro costituiranno il Regno delle Due Sicilie”, e il 2° dichiarava l’assunzione da parte di Ferdinando di Borbone del titolo sovrano di “Re del Regno delle due Sicilie”.
Per alcuni anni si era creduto possibile cambiare la Sicilia partendo dalla riforma costituzionale e dall’indipendenza, ma tutto era naufragato per l’ostilità del Re Ferdinando IV di Borbone.

Prof. Sebastiano Ciraldo

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Illustrazione Cappella della Timpa di Vincenzo Russo