Amiamo il cibo, non soddisfa solo il nostro fabbisogno fisico ma è il miglior modo per riunire le famiglie, le persone, le nazioni. Un piatto non sarà mai lo stesso, cambierà da casa a casa e nonostante tutto verrà sempre apprezzato in tutte le sue deliziose varianti. E come noi, si evolve nel tempo; Cerca di migliorarsi, di esaltare i sensi al massimo. Ma gli antichi sapori…Oh, quelli non hanno storia.
Come antiche richezze anche le ricette dei nonni andrebbero salvaguardati e perché no, anche ripresi. Questa rubrica vorrebbe riassaporare ricordi, emozioni gustative e sentimentali allo stesso tempo; proprio come un’intervista rivivremo il passato dell’arte culinaria casalinga. Una buona riscoperta a voi!

Ogni ricorrenza ha il suo dolce ed essi non presentano mai lo stesso sapore nonostante le similitudini, poiché mani diverse lasciano sensazioni diverse; ecco perché le donne custodiscono con parecchia cura i loro dolci saperi. Con questa frase la signora mi introduce nel suo mondo.

Dopo aver trovato la ricetta della Collura noto il suo sguardo brillare: chissà quanti ricordi stanno riaffiorando in lei. Finalmente con voce gaia annuncia l’antico elenco:

  • 6 kg di farina di grano duro;
  • 200 g di sugna (colse subito il mio sguardo interrogatorio e mi spiegò che è il termine dialettale brontese per indicare lo strutto, grasso di origini suine, il quale viene prodotto da lei medesima.)
  • 52 uova
  • un pugno di sale
  • acqua a occhio
  • lievito madre (ripreso dall’impasto per fare il pane)

Nella sua semplicità sono i passaggi impressi nella memoria delle donne che la rendono preziosa. Essa è la variante prodotta dalla pasta di pane dovuta all’assenza di zucchero, caratterizzando così un sapore più limpido e naturale.

Bisogna impastare il tutto con energia senza rendere l’impasto eccessivamente morbido, aggiungendo l’acqua man mano– Mi fa vedere i gesti del lavoro da svolgere:anche se non è presente l’impasto la sua manualità lo rende molto visibile.
Riprende parola: –Nel frattempo che la pasta riposa -circa un’ora- si preparano le teglie per l’infornata, si comincia ad appiccare il fuoco nel forno a legna ( le quale pareti interne devono diventare bianche per indicare la giusta temperatura d’infornata), si bollono le uova necessarie da porre sopra la collura e si studiano i vari modi per decorarla-.
Le forme tradizionali includono: intrecci per i cestini, ghirigori per le decorazioni floreali, forme snelle per le colombe ma la fantasia non ha limitazioni. Dopo il tempo trascorso di riposo la pasta di “scarna” si lavora come fosse quella per i biscotti e dopo averla stesa la si taglia per i vari utilizzi e forme, infine si pone l’uovo sodo sopra, proprio come una corona. L’odore di vite bruciata all’interno del forno darà un gusto in più, una spennellata di uovo prima di infornare e l’occhio vigile avrà premura della cottura, anch’essa senza una particolare tempistica. Un tocco di colore con i “javuricchi” (praline colorate, le codette) e come le persone anche le collure vengono agghindate per la festa: esse vengono regalate, o comunque poggiate, in graziosi fazzoletti ricamati, come se indossassero un vestito da sposa e finalmente il dolce è pronto per portare sorrisi e auguri.

Scritto da Lorenza Saitta